giovedì 21 aprile 2016


IL CINEMA
a cura di
PIERFRANCO BIANCHETTI, Critico Cinematografico e Sociologo, unisce ad una straordinaria conoscenza del mondo del Cinema una capacità unica di vedere la storia del Cinema all’interno dello sviluppo complesso delle Società Umane.  Per questo le sue recensioni non sono mai banali, ma sempre ricche di spunti che favoriscono la riflessione sulla condizione dell’Uomo, sulle sue miserie e le sue grandezze.



Potete leggere Pierfranco Bianchetti anche su‘www.riquadro.com’ e‘www.moviesushi.it’

BREVE BIOGRAFIA
Pierfranco Bianchetti nato a Milano nel 1946, laureato in sociologia alla Università  di Trento, è giornalista e critico cinematografico. Ha diretto per oltre quindici anni l’ Ufficio Cinema del Comune di Milano e il cinema De Amicis, locale d’ essai molto amato dai cinefili, promovendo anche rassegne sul cinema italiano in alcune città  estere gemellate con la città  lombarda. Collaboratore di quotidiani e periodici, organizza cicli e rassegne cinematografiche presso biblioteche, circoli culturali e presso il Museo di Storia Contemporanea di Milano.
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Storia del cinema a Milano - 1°






Il primo apparecchio Lumiére, lo sviluppo delle sale, l’arrivo del sonoro e le prime recensioni sulla stampa: il cinematografo questo sconosciuto.
Milano vive, sul finire del secolo diciannovesimo proprio in coincidenza con la gran rivoluzione industriale, un momento straordinario. Le nuove conquiste della tecnica e le mutazioni sociali danno un nuovo assetto alla città e alla regione con la nascita di solidi centri commerciali e industriali (la Carlo Erba, la Falck, la Pirelli, la Banca Commerciale). Questo sviluppo inaspettato favorisce involontariamente il successo del nuovo mezzo di comunicazione e di divertimento che si chiama cinematografo. La Milano di fine Ottocento, con i Navigli scoperchiati, le carrozze, i venditori ambulanti di caldarroste dai grandi baffoni e i bei teatri e caffè concerto sempre affollati, si prepara ad accogliere il nuovo secolo portatore di grandi progressi scientifici e tecnologici con una novità assoluta.
Il 20 marzo 1896 al Circolo Fotografico di via Principe Umberto (oggi via Turati) i cittadini assistono a un grande evento, la prima proiezione cinematografica pubblica con l’apparecchio
Lumiére, frutto del lavoro di anni di August e Louis, due fratelli inventori di Lione. Presentato ufficialmente solo il 28 dicembre 1895 a Parigi presso le Salon Indien del Grand Cafè al numero 14 di Boulevard des Capucine, il cinematografo Lumiére vanta la rivoluzionaria caratteristica di trascinare la pellicola durante la proiezione a intervalli fissi grazie a uno speciale ingranaggio in grado di mantenere una continuità delle immagini trasportate sullo schermo (secondo un principio simile al movimento della macchina per cucire).
La serata a inviti con giornalisti, autorità locali e addetti ai lavori non passa inosservata. Scrive il Corriere della Sera del 31 marzo / 1 aprile 1896: Il Cinematografo Lumiére, la nuova fotografia del movimento, è stato inaugurato al Circolo fotografico dinanzi a molte persone. Chi ha visto il Kinetoscopio Edison può farsi un’idea di ciò che sono queste nuove proiezioni fotografiche, le quali saranno ripetute in questi giorni al teatro Milanese. Sono quadri animati, riproduzioni vive di scene svariate. È la fotografia che si sostituisce all’occhio umano…. Il successo è immediato. Tanto che le proiezioni aperte al pubblico pagante sono spostate dal 30 marzo al teatro Milanese in corso Vittorio Emanuele 15 e poi anche al teatro Gerolamo di piazza Beccaria, al teatro Filodrammatici in piazza P. Ferrari e al teatro Alhambra in via Palestro. Naturalmente il ben noto senso pratico e imprenditoriale dei milanesi-lombardi dà i suoi frutti. Italo Pacchioni, un pioniere del cinematografo, costruisce poco dopo un suo apparecchio per la ripresa e la proiezione dei film. Nelle fiere questo nuovo spettacolo popolare diventa presto un’attrazione con le visioni di brevi sequenze. Pacchioni a Porta Genova con l’ausilio del baraccone delle meraviglie trasforma il cinematografo in avvenimento fisso e a basso costo. In una bacheca del Museo della Fondazione Cineteca Italiana è esporta una ghiotta curiosità: la multa che fu elevata allo stesso Pacchioni da parte di un solerte vigile urbano poiché la sua attività commerciale non era ancora contemplata dai regolamenti comunali dell’epoca. Il vigile non conoscendo la parola cinematografo sbagliò nel verbale della multa il nome del nuovo infernale apparecchio di proiezione delle immagini in movimento, che comunque in breve tempo riscuoterà un successo inarrestabile.
Nel 1907 a Milano sono già in funzione circa cinquanta sale, mentre Luca Comerio, un altro gran pioniere della settima arte, autore di reportages in giro per il mondo, fonda nel 1915 il primo teatro di posa costruito su di un’area a Greco Turro. Quattro anni prima a Milano vengono realizzati i primi lungometraggi intitolati L’Inferno e L’Odissea. All’inizio degli anni Venti, l’esercizio cinematografico fa passi da gigante con l’avvento di sale anche lussuose.
Nel ‘35 lo Smeraldo istituisce un servizio di
nursery, mentre all’Odeon e al Metro Astra belle e giovani mascherine accompagnano gli spettatori al loro posto. Nasce perfino un servizio per le prenotazioni telefoniche con il quale è possibile assicurarsi il posto prima di recarsi in sala. In città si continuano a produrre film, nonostante la forte concorrenza americana.
Nel 1927 nasce a Hollywood il cinema sonoro con il rivoluzionario “Il cantante di jazz” con Al Jolson, mentre di lì a poco anche la Garbo parlerà (“Garbo talks” era il celebre slogan). La sera del 26 aprile 1929, un venerdì, al cinema Corso con un unico spettacolo il film è proiettato anche a Milano, ma la stampa praticamente lo ignora. L’anno successivo con l’arrivo sugli schermi di La canzone dell’amore di Gennaro Righelli, la prima pellicola italiana parlata s’impone il sonoro come una novità assoluta che fa accorrere migliaia di spettatori incuriositi ed emozionati. Il cinematografo a quel punto comincia ad essere preso sul serio anche dagli intellettuali e la stampa non può più ignorarlo. Il Corriere della Sera, nonostante il parere contrario di Pirandello che considera quest’arte poco credibile, nel 1929 affida a Filippo Sacchi, un inviato del giornale malvisto dal regime fascista, una nuova rubrica firmata con uno pseudonimo. La settima arte come in tutto il resto del mondo è una realtà culturale – commerciale di tutto rispetto. Gli spettatori milanesi sempre di più rideranno, piangeranno e si emozioneranno nel buio delle sale cinematografiche.




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