Il
primo apparecchio Lumiére, lo sviluppo delle sale, l’arrivo del sonoro e
le prime recensioni sulla stampa: il cinematografo questo sconosciuto.
Milano vive, sul finire del secolo diciannovesimo proprio
in coincidenza con la gran rivoluzione industriale, un momento
straordinario. Le nuove conquiste della tecnica e le mutazioni sociali
danno un nuovo assetto alla città e alla regione con la nascita di solidi
centri commerciali e industriali (la Carlo Erba, la Falck, la Pirelli, la
Banca Commerciale). Questo sviluppo inaspettato favorisce
involontariamente il successo del nuovo mezzo di comunicazione e di
divertimento che si chiama cinematografo. La Milano di fine Ottocento,
con i Navigli scoperchiati, le carrozze, i venditori ambulanti di
caldarroste dai grandi baffoni e i bei teatri e caffè concerto sempre
affollati, si prepara ad accogliere il nuovo secolo portatore di grandi
progressi scientifici e tecnologici con una novità assoluta.
Il 20 marzo 1896 al Circolo Fotografico di via Principe Umberto (oggi via
Turati) i cittadini assistono a un grande evento, la prima proiezione
cinematografica pubblica con l’apparecchio Lumiére, frutto del
lavoro di anni di August e Louis, due fratelli inventori di Lione.
Presentato ufficialmente solo il 28 dicembre 1895 a Parigi presso le
Salon Indien del Grand Cafè al numero 14 di Boulevard des Capucine, il
cinematografo Lumiére vanta la rivoluzionaria caratteristica di
trascinare la pellicola durante la proiezione a intervalli fissi grazie a
uno speciale ingranaggio in grado di mantenere una continuità delle
immagini trasportate sullo schermo (secondo un principio simile al
movimento della macchina per cucire).
La serata a inviti con giornalisti, autorità locali e
addetti ai lavori non passa inosservata. Scrive il Corriere della Sera
del 31 marzo / 1 aprile 1896: Il Cinematografo Lumiére, la nuova
fotografia del movimento, è stato inaugurato al Circolo fotografico dinanzi
a molte persone. Chi ha visto il Kinetoscopio Edison può farsi un’idea di
ciò che sono queste nuove proiezioni fotografiche, le quali saranno
ripetute in questi giorni al teatro Milanese. Sono quadri animati,
riproduzioni vive di scene svariate. È la fotografia che si sostituisce
all’occhio umano…. Il successo è immediato. Tanto che le proiezioni
aperte al pubblico pagante sono spostate dal 30 marzo al teatro
Milanese in corso Vittorio Emanuele 15 e poi anche al teatro
Gerolamo di piazza Beccaria, al teatro Filodrammatici in piazza P.
Ferrari e al teatro Alhambra in via Palestro. Naturalmente il ben noto
senso pratico e imprenditoriale dei milanesi-lombardi dà i suoi frutti.
Italo Pacchioni, un pioniere del cinematografo, costruisce poco dopo un
suo apparecchio per la ripresa e la proiezione dei film. Nelle fiere
questo nuovo spettacolo popolare diventa presto un’attrazione con le
visioni di brevi sequenze. Pacchioni a Porta Genova con l’ausilio del
baraccone delle meraviglie trasforma il cinematografo in avvenimento
fisso e a basso costo. In una bacheca del Museo della Fondazione Cineteca
Italiana è esporta una ghiotta curiosità: la multa che fu elevata allo
stesso Pacchioni da parte di un solerte vigile urbano poiché la sua
attività commerciale non era ancora contemplata dai regolamenti comunali
dell’epoca. Il vigile non conoscendo la parola cinematografo sbagliò nel
verbale della multa il nome del nuovo infernale apparecchio di proiezione
delle immagini in movimento, che comunque in breve tempo riscuoterà un
successo inarrestabile.
Nel 1907 a Milano sono già in funzione circa cinquanta sale, mentre Luca
Comerio, un altro gran pioniere della settima arte, autore di reportages
in giro per il mondo, fonda nel 1915 il primo teatro di posa costruito su
di un’area a Greco Turro. Quattro anni prima a Milano vengono realizzati
i primi lungometraggi intitolati L’Inferno e L’Odissea. All’inizio degli
anni Venti, l’esercizio cinematografico fa passi da gigante con l’avvento
di sale anche lussuose.
Nel ‘35 lo Smeraldo istituisce un servizio di nursery, mentre all’Odeon
e al Metro Astra belle e giovani mascherine accompagnano gli
spettatori al loro posto. Nasce perfino un servizio per le prenotazioni
telefoniche con il quale è possibile assicurarsi il posto prima di
recarsi in sala. In città si continuano a produrre film, nonostante la
forte concorrenza americana.
Nel 1927 nasce a Hollywood il cinema sonoro con il
rivoluzionario “Il cantante di jazz” con Al Jolson, mentre di lì a poco
anche la Garbo parlerà (“Garbo talks” era il celebre slogan). La sera del
26 aprile 1929, un venerdì, al cinema Corso con un unico
spettacolo il film è proiettato anche a Milano, ma la stampa praticamente
lo ignora. L’anno successivo con l’arrivo sugli schermi di La canzone
dell’amore di Gennaro Righelli, la prima pellicola italiana parlata
s’impone il sonoro come una novità assoluta che fa accorrere migliaia di
spettatori incuriositi ed emozionati. Il cinematografo a quel punto
comincia ad essere preso sul serio anche dagli intellettuali e la stampa
non può più ignorarlo. Il Corriere della Sera, nonostante il parere
contrario di Pirandello che considera quest’arte poco credibile,
nel 1929 affida a Filippo Sacchi, un inviato del giornale malvisto dal
regime fascista, una nuova rubrica firmata con uno pseudonimo. La settima
arte come in tutto il resto del mondo è una realtà culturale –
commerciale di tutto rispetto. Gli spettatori milanesi sempre di più
rideranno, piangeranno e si emozioneranno nel buio delle sale
cinematografiche.
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