DA
COMPRENSIONE DELL'ESSERE
LA FORMA
L'Arte Figurativa (pittura e scultura) sono la Forma per eccellenza. Sin dai tempi più antichi dei disegni rupestri, fino ai più recenti dell'astrattismo o concettualismo, l'uomo vede la realtà attraverso la capacità di creare forme con le proprie mani. La concezione Platonica di arte quale copia della natura va ribaltata: è la natura che è compresa a partire dall'arte e non viceversa. Senza la messa a fuoco della lente dell'arte, la natura è un qualcosa di in-forme, di in-sensato. Quando si parla di arte, si pensa alla estetica, ovvero alla manifestazione del bello, assumendo l'estetica quale essenza dell'Arte. In verità l'estetica è una qualità dell'Arte , non la sua essenza. Il 'bello' deriva dalla visione dell'opera che l'uomo-artista compie dando vita alla materia inerte. Prima di tale operazione, non esiste ciò che successivamente viene rappresentato ed interpretato come natura. Il significato con cui comunemente si designa la natura è il risultato della attività umana, a partire dall'intenzionalità che la precede sino all'atto compiuto che la realizza. Non che ciò che verrà chiamata 'natura' non appaia prima che l'uomo la comprenda attraverso il proprio fare. Ma è che prima dell'arte, i nostri più antichi antenati si percepiscono inclusi nella natura e credono di obbedire alle stessi leggi. Ineluttabilità, inviolabilità, predeterminazione accompagnano ogni cosa che appare nel mondo e l'apparire stesso del mondo. Il distacco dell'uomo dalla natura coincide con l'atto creativo dell'arte che a sua volta è reso possibile dalla presa di coscienza del potere racchiuso in quello straordinario strumento, unico nel mondo animale, che sono le mani. Non a caso abbiamo il termine manipolazione ad indicare l'atto primigenio della produzione (poiesis). E con la consapevolezza del potere manipolatore viene contestualmente alla luce il quid disponibile ad essere manipolato. Viene allora alla luce la physis, la cui traduzione corrente è 'natura', ma il cui significato originario è 'divenire'. Accade che quella inviolabilità ed inflessibilità delle cose di cui si è accennato poc'anzi comincia ad essere percepita in senso opposto. Molte cose si rendono disponibili alla manipolazione, sono soggette alla volontà umana. Non siamo ancora alla frantumazione del tutto come avviene oggi nel tempo del dominio della tecnica, poiché si vuole che alcune cose rimangano legate alle divinità mitiche, ma il passo decisivo è compiuto. Il divenire sarà successivamente, con la nascita della filosofia, posto in evidenza quale evento indiscusso ed indiscutibile. Almeno sino all'attuale pensiero di Emanuele Severino che nel divenire scopre una fede e come tale l'errore, l'errore fondamentale che porta alla follia nichilista. Su questo tema centrale ci siamo più volte soffermati, tanto da ritenere sufficiente il suo semplice richiamo. Qui interessa rilevare, come abbiamo fatto, il ruolo che l'Arte ha avuto in questa svolta epocale . La sua traduzione in 'techne' ne è la conferma. Tuttavia l'Arte non può essere messa sullo stesso piano della 'tecnica in generale'. Dopo aver portato alla coscienza dell'uomo il suo essere in opposizione alla natura e in base a tale opposizione avergli conferito la consapevolezza di poterla dominare, l'Arte prende le distanze dal fare generalizzato, in cui l'utile prevale sull'interesse per la forma. Se l'Arte ha senz'altro contribuito alla fatale trasformazione concettuale dell'essere in divenire, essa non può per l'essenza che le è esclusiva accettare le conseguenze alle quali la fede nel divenire conduce. In quanto ordinatrice della forma, non si ritrova in quel processo tecnico in cui l'ordine formale è casuale, potendosi allo stesso modo prodursi il disordine ed il caos. Idem dicasi per l'emergere di quella volontà di potenza che ha quale scopo l'assenza di ogni scopo che non sia la propria indefinita espansione. Ciò che nella filosofia ha rappresentato l'episteme, nell'Arte è rappresentato dalla fondazione del Bello quale equivalente formale della Verità. In entrambi i casi, si assiste alla edificazione di un qualcosa di fermo ed inattaccabile che consenta riparo e rimedio alla terrificante irruzione del nulla. L'episteme ed il bello si vuole perciò che siano lo stare irremovibile ed incontrovertibile nell'essere. Per quanto la soluzione conservi nel sottosuolo la fede nel divenire, essa vale comunque come indicazione del pensare e del fare secondo verità. La dissoluzione dell'episteme e del bello cui assistiamo nell'era contemporanea non intacca la indicazione secondo cui il vero ed il bello sono il contenuto essenziale della comprensione dell'essere. Dalla follia, con i suoi connotati di violenza, terrore, angoscia, che avvolge il mondo presente non se ne esce se non con il recupero del vero secondo l'indirizzo della 'Filosofia Futura' e con il recupero del bello secondo l'apparire di forme che danno gioia. La sottolineatura del bello nell'arte non smentisce il principio che il bello non è l'essenza dell'arte. Essenza di cui si è in parte già accennato, ma che è bene ribadire nella definizione di arte quale 'fondamento della forma'. E' la 'scoperta' della forma che genera il bello. Che, una volta operata la selezione dal fare generalizzato, riguarderà solo quelle forme che obbediscono a precisi criteri 'estetici' . Quantunque tali criteri siano nel tempo mutati (oggi 'l'armonia tra le parti ' lascia il posto alla concettualizzazione astratta della realtà) , resta invariato il rapporto per cui il bello è prerogativa esclusiva dell'arte. Il bello non si addice di per sé alla natura se non come 'riflesso' di uno sguardo e di una educazione estetica. Ma ogni valutazione sulla forma, che sia di ordine estetico o utilitaristico o ancora di ordine pratico o teorico, esige apriori la comprensione della realtà formale. E tale comprensione passa attraverso l'intervento teorico e pratico (operativo) dell'Arte. Di qui scaturisce una fondamentale deduzione: in quanto l'Essere si manifesta sempre nella forma di ciò che appare, l'Arte essendo comprensione della forma è comprensione dell'Essere. E' grazie a tale comprensione che la forma acquisisce il dono della bellezza e la bellezza porta con sé (se-duce) la gioia.
Alberto Re
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