mercoledì 5 gennaio 2011

HAROLD PINTER


UNA PRECISAZIONE

Filosofia Futura non è destinato esclusivamente ai 'professionisti' della filosofia, ma ambisce, senza pretese e presunzioni, a favorire la nascita di un Nuovo Pensiero.
Se questo è l'obiettivo, allora vi concorrono tutte le più alte espressioni dello spirito umano, dalla Letteratura alla Musica, dalle Arti Figurative al Cinema.
In particolare, Cinema e Musica Leggera grazie alla capacità di comunicare ad un vasto pubblico (che la Filosofia in senso stretto non ha), assumono un rilievo particolare
Nota: la sintetica presentazione degli autori è ripresa dal sito internet Wikipedia.

Harold Pinter CBE (Londra, 10 ottobre 1930Londra, 24 dicembre 2008) è stato un drammaturgo, regista teatrale e attore teatrale britannico. Ha scritto per teatro, radio, televisione e cinema. I suoi primi lavori sono considerati fra i capolavori del teatro dell'assurdo.
Estratto dal
DISCORSO PER IL NOBEL DI LETTERATURA
Harold Pinter – Stoccolma – 7 Dicembre 2005

Nel 1958 scrissi ciò che segue:
‘Non vi è una rigida distinzione tra ciò che è reale e ciò che è irreale, tra ciò che è vero e ciò che è falso. Una cosa non è necessariamente vera o falsa; essa può essere vera e falsa insieme’.
Credo che ancora oggi queste asserzioni abbiano senso e si applichino all’esplorazione della realtà attraverso l’arte. Perciò come scrittore rimango loro fedele, ma come cittadino non posso farlo. Come cittadino devo chiedere: che cosa è vero? Che cosa è falso?
La verità drammaturgica è sempre elusiva. Anche se non si trova mai completamente, la sua ricerca è compulsiva. La sua ricerca è chiaramente ciò che guida gli sforzi. La sua ricerca è il compito che si ha. Più spesso che non si pensi si inciampa al buio nella verità, urtandole contro o soltanto intravedendo un’immagine o una figura che sembra corrispondere alla verità, spesso senza comprendere di averlo fatto. Ma la verità effettiva è che non c’è mai una sola verità da trovare nell’arte drammatica. Ce ne sono molte. Reciprocamente queste verità si sfidano, si ritraggono, si riflettono, si ignorano, si fanno dispetti, sono cieche. A volte si sente di avere tra le mani la verità del momento, poi essa scivola dalle dita ed è perduta.
Spesso mi è stato chiesto come nascono le mie opere teatrali. Non lo so spiegare. Non so neppure riassumere le mie opere, salvo che per dire che cosa è accaduto. Che cosa è stato detto. Che cosa è stato fatto.
La maggior parte delle opere sono generate da una battuta, una parola o un’immagine. Spesso la parola data è seguita poco dopo dall’immagine. Farò l’esempio di due battute che mi vennero alla mente inattese, seguite da un’immagine, seguita da me.
È uno strano momento, il momento della creazione di personaggi che fino a quel momento non avevano alcuna esistenza. Ciò che segue è irregolare, incerto, perfino allucinatorio, sebbene a volte possa essere una valanga inarrestabile. La posizione dell’autore è singolare. In un certo senso non è gradito ai personaggi. I personaggi gli fanno resistenza, non è facile vivere con loro, sono impossibili da definire. A loro di certo non ci si può imporre. In una certa misura si gioca con loro un gioco che non ha fine, gatto e topo, mosca cieca, nascondino. Ma alla fine ci si trova tra le mani persone di carne e sangue, persone con una propria volontà e sensibilità individuale, assemblate con dei componenti che non si possono cambiare, manipolare o distorcere.
Così il linguaggio dell’arte rimane un’impresa grandemente ambigua, sabbie mobili, un trampolino, una polla ghiacciata che potrebbe trascinare te, l’autore, in ogni momento.
Ma, come ho detto, la ricerca della verità non può fermarsi mai. Non può essere rinviata, non può essere posposta. Occorre affrontarla, proprio in tempo reale.
Il linguaggio politico, quello adoperato dai politici, non si avventura in nessuno di questi territori in quanto la maggior parte dei politici, per ciò che ci viene dimostrato, è interessata non alla verità ma al potere e alla conservazione di quel potere. Per conservare quel potere è essenziale che la gente rimanga nell’ignoranza, che viva nell’ignoranza della verità, perfino la verità della sua propria vita. Ciò che ci circonda è dunque un immenso arazzo di menzogne, delle quali ci nutriamo.
Come ognuno di noi sa, la giustificazione dell’invasione dell’Iraq fu che Saddam Hussein possedeva un arsenale altamente pericoloso di armi di distruzione di massa, alcune delle quali potevano essere azionate in 45 minuti, causando spaventose devastazioni. Ci venne assicurato che era vero. Non era vero. Ci venne detto che l’Iraq aveva legami con Al Qaeda ed era corresponsabile delle atrocità dell’11 settembre 2001 a New York. Ci venne assicurato che era vero. Non era vero. Ci venne detto che l’Iraq minacciava la sicurezza del mondo. Ci venne assicurato che era vero. Non era vero.
La verità è qualcosa di totalmente differente.
La verità ha a che fare con il modo in cui gli Stati Uniti intendono il loro ruolo nel mondo e scelgono di sostenerlo.
Vi invito a considerare che gli Stati Uniti sono senza dubbio il più grande spettacolo in circolazione. Possono essere brutali, indifferenti, sprezzanti e spietati, ma sono anche molto abili. Come piazzisti non hanno eguali e la loro merce più venduta è l’amore di sé. Sono dei vincenti. Ascoltate tutti i presidenti americani dire alla televisione le parole ‘il popolo americano’, come nella frase ‘Io dico al popolo americano che è il tempo di pregare e di difendere i diritti del popolo americano e chiedo al popolo americano di aver fiducia nel suo presidente per l’azione che intende svolgere nell’interesse del popolo americano.’
È un brillante stratagemma. Il linguaggio è in effetti adoperato per tenere a bada il pensiero. Le parole ‘il popolo americano’ procurano un guanciale quanto mai voluttuoso di rassicurazione. Non si ha bisogno di pensare. Basta mettersi comodi sul cuscino. Il cuscino può soffocare l’intelligenza e le facoltà critiche ma è molto confortevole. Questo naturalmente non riguarda i 40 milioni di persone che vivono sotto la soglia di povertà e i 2 milioni di uomini e donne imprigionati nell’immenso gulag carcerario, che attraversa gli USA.
La vita di uno scrittore è un’attività assai vulnerabile, quasi nuda. Non ci si deve piangere sopra. Lo scrittore fa la sua scelta e le rimane fedele. Ma è vero che si è esposti a tutti i venti, alcuni dei quali davvero gelidi. Si finisce da soli, in una posizione pericolosa. Non si trova alcun riparo.
Quando guardiamo dentro a uno specchio noi pensiamo che l’immagine di fronte a noi sia fedele. Ma muoviamoci di un millimetro e l’immagine cambia. Noi stiamo in effetti assistendo a un infinito gioco di specchi. Ma a volte uno scrittore deve rompere lo specchio – perché è dall’altra parte di quello specchio che la verità ci fissa.
Io credo che nonostante gli enormi ostacoli che esistono, la risoluta, costante, tenace determinazione intellettuale di definire, come cittadini, la reale verità delle nostre vite e delle nostre società è un compito decisivo che incombe su noi tutti. Esso infatti è vincolante.

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